Un articolo pubblicato su The Journal of Experimental Biology (http://jeb.biologists.org/content/215/5/736.abstract ) offre una chiave interpretativa sull’evoluzione delle strisce nel mantello delle zebre. La teoria sviluppata da un gruppo di ricercatori svedesi ed ungheresi apre uno spiraglio nella interpretazione della presenza delle strisce nella livrea mimetica di molti pesci.
La cronaca della ricerca:
In un allevamento di cavalli infestato da tafani e altri insetti succhia-sangue nei dintorni di Budapest i ricercatori hanno cosparso delle lavagnette di olio e colla con dipinte varie tipologie di disegni a strisce, a pois, o a colore uniforme. Hanno contato quanti gentili insetti fossero rimasti incollati alle lavagne e le più efficaci nel tenere lontano gli insetti sono risultate le lavagne con la riproduzione delle strisce simile a quella delle zebre.
La spiegazione degli scienziati:
“le strisce chiare e scure del mantello di una zebra riflettono diverse polarizzazioni della luce in un modo che sconvolge l’attrattiva per i tabanids (mosche cavalline)” dall’abstract dell’articolo citato.
Il fenomeno della livrea mimetica a bande scure dei pesci:
L’argomento del mimetismo negli animali marini è straordinariamente vasto, d’altra parte si sono evoluti in centinaia di milioni di anni in un ambiente fortemente competitivo ed hanno potuto sviluppare varie forme di camuffamento per ingannare sia i predatori, sia le prede. L’argomento preso in esame mi porterà a scrivere del mimetismo criptico dei pesci, ma di cosa si tratta? In mare vivono animali che sono veri maghi del mimetismo criptico come il polpo o la sogliola che riescono a controllare tramite il sistema nervoso particolari cellule del derma, i cromatofori, contenenti dei pigmenti colorati. Perché questo mimetismo abbia un successo evolutivo devono verificarsi due condizioni: l’animale marino preda deve risultare cromaticamente simile allo sfondo e l'efficienza della vista del predatore da ingannare deve essere scarsa. Questo tipo di mimetismo si è evoluto nelle specie stanziali che vivono spesso immobili sul fondo. Le specie che invece sono mobili nella colonna d’acqua a volte adottano una livrea a strisce su una livrea argentea che non soddisfa le regole del mimetismo criptico e non ha trovato fino ad oggi alcuna spiegazione attendibile.
Nella foto all’inizio dell’articolo ho evidenziato la livrea di un barracuda, ma avrei potuto mettere quella di una mormora, o quella di un cefalo, di una salpa che al contrario dei precedenti mostrano una livrea a strisce orizzontali. Il barracuda e la mormora hanno una livrea stabile a strisce nere verticali (che si può più o meno accentuare nell’intensità della colorazione), altre specie appartenenti alla famiglia degli sparidi hanno invece un mantello argenteo uniforme, tuttavia, quando per diverse ragioni si immobilizzano sul fondo, assumono una livrea a bande scure più o meno larghe, che nello slang del pescatore subacqueo chiamiamo “pigiama”. Mi è capitato di osservare questo camuffamento indistintamente nei predatori e nelle prede: un dentice immobile al confine tra il posidonieto e la sabbia con il corpo arcuato attende la sua preda assumendo questo camuffamento, ma capita anche al sarago maggiore di piccola taglia o all’orata che sentendosi in pericolo si immobilizza. Sono pesci che abitualmente hanno una livrea più o meno uniforme e riflettente grazie a particolari cellule nel derma sotto l’epitelio: gli iridociti che riflettono le lunghezze d’onda luminose presenti nell’ambiente circostante (livrea molto funzionale quando il pesce si trova vicino al fondo). La comparsa improvvisa di bande più scure sulla livrea, ad opera dei cromatofori, mi ha sempre sconcertato, ed ho potuto riscontrare che sono sempre associate ad un atteggiamento di difesa o di caccia, non ad altri stati emotivi come capita invece nel polpo e nelle seppie. Mi è capitato di catturare delle orate di piccola taglia e di liberarle durante le riprese filmate dei miei documentari, ho scoperto riguardando la scena che tutte, appena trovano un anfratto e si immobilizzano, assumono una livrea mimetica a larghe bande verticali: ne ho dedotto che è un riflesso condizionato!
Chi caccia cerca, ma se il cacciatore ha l’abitudine di porsi delle domande diventa un “etologo”.
Prima d’oggi pensavo che il trucco delle bande scure servisse a confondere il pesce con l’ambiente circostante ed è ciò che si diceva anche per il mantello delle zebre, ma probabilmente non è così! La base di questo errore, infatti, sta nell’attribuire agli animali il nostro tipo di visione, gli animali invece hanno evoluto altri “sistemi” di percezione visiva in ragione di
altre cellule fotorecettive e di un altro impianto visivo!
Che l’assunzione della livrea a bande sia a scopo difensivo, o a scopo di predazione e si tratti di un riflesso condizionato, come ho ipotizzato, o una scelta cosciente del pesce, deve comunque ricoprire una funzione mimetica per l’impianto visivo di alcuni predatori o delle prede, rispettivamente, dei pesci che le adottano.
Polarizzazione della luce e visione animale
Nella caccia subacquea è un’abilità rara avere intuito come i pesci percepiscono il mondo acquatico esterno e in sostanza aver compreso come essi ci vedono.
L’argomento è inerente al più vasto interrogativo su come gli animali interpretino attraverso i loro occhi il mondo che li circonda. L’evoluzione nella maggior parte degli animali che vivono in ambienti molto competitivi ha sviluppato una visione molto specifica per individuare le prede, o sfuggire ai predatori. Al confronto con questo tipo di visione, quella umana è per certi versi molto più limitata essendo finalizzata alla percezione acuta di una enorme quantità di variazione di colori. La visione animale perciò è assai diversa tra specie e specie, dipende dall’ambiente nel quale esse vivono ed è una conseguenza della loro storia evolutiva. Pochi esempi: i gatti vedono molto bene di notte (visione scotopica) probabilmente ai primordi erano predatori notturni, i cani hanno solo due classi di fotorecettori del colore, nella fascia dello spettro visibile del blu violetto (picco a 423 nm) e del giallo (picco a 555 nm) quindi una visione fotopica impostata su due tipi di colori, mentre l’uomo possiede anche una classe di coni anche nella fascia dello spettro visibile del verde, quindi i cani non riescono a distinguere tra i colori rosso e verde (non saprebbero quando attraversare la strada guardando il semaforo).
Approfondiamo: che tipo di processo è la visione?
La visione nella sua accezione più vasta è la percezione sensoriale di un’onda luminosa.
Il processo della visione degli oggetti materiali si fonda sulla percezione delle onde riflesse da questi corpi di un’onda luminosa incidente . Le superfici di questi oggetti possono assorbire alcune lunghezze d’onda e rifletterne altre, l’osservatore percependo la luce riflessa definisce il contorno dell’oggetto e il suo colore.
L’onda luminosa che proviene dal sole è la sovrapposizione di tante lunghezze d’onda comprese tra i 400 e i 700 nanometri che corrispondono nella nostra mente rispettivamente al color blu e al rosso, sono pacchetti di fotoni con una loro energia che attraversano lo spazio e interagiscono con la materia con fenomeni specifici che ne alterano la trasmissione, riassumo i principali: riflessione, rifrazione, diffrazione, assorbimento, diffusione. Le diverse lunghezze d’onda sono percepite dall’occhio umano come colori da particolari cellule detti coni: fotorecettori disposti sulla retina. La visione dipende perciò da organi particolari composti da cellule, in parte simili, ma diverse e differenti per ogni animale, è noto che le api riescono a percepire i raggi ultravioletti con lunghezze d’onda inferiori ai 400 nanometri mentre i serpenti percepiscono i raggi infrarossi con frequenze superiori ai 700 nanometri. Senza entrare nell’ambito complesso di come la percezione di queste onde sia interpretata dal cervello dell’animale, con questa osservazione metto in evidenza che i vari impianti visivi animali possono percepire diversamente queste onde elettromagnetiche ed altre loro caratteristiche fisiche-ottiche come la luce polarizzata. Alcune superfici, infatti, riflettono onde polarizzate altre no, è il caso delle strisce scure presenti nel mantello delle zebre e di alcuni pesci che non riflettono un’onda polarizzata mentre il resto della livrea argentea e bianca si!
Non è facile stabilire se l’occhio di un pesce percepisca la luce polarizzata, ovvero abbia dei filtri polaroid naturali. Alcuni studi hanno rilevato con certezza questa proprietà nelle acciughe dove appare una modificazione a lamelle della struttura dei coni. Un altro studio ha rilevato la stessa proprietà nell’occhio composto di un piccolo crostaceo, un gamberetto della Nuova Caledonia che, grazie alla sua varietà di pigmenti visivi, alla sensibilità alla luce polarizzata, ai complessi movimenti oculari, è sicuramente l’animale con la vista più acuta e selettiva del mondo subacqueo.
Perché i pesci ed altri animali acquatici possono trarre vantaggio dalla visione della luce polarizzata?
Quando il raggio luminoso colpisce una particella in sospensione nella colonna d’acqua esso si disperde in tutte le direzioni, mentre quando si riflette su una superficie solida uniforme come le squame di un pesce, una parte del raggio riflesso è polarizzato e può essere percepito in maniera più nitida dall’occhio del pesce che dispone dei fotorecettori adatti a questa visione. I pesci ma anche i crostacei e chissà quanti altri animali marini si trovano a dover predare e difendersi dai predatori in acque torbide con alghe in sospensione, in questi casi “vedere” (sarebbe meglio scrivere “filtrare”) la luce polarizzata pulita dalle dispersioni delle particelle in sospensione è un grande vantaggio! I naturali filtri polarizzatori di cui sono naturalmente dotati questi animali marini esaltano i contrasti di colore e consentono di distinguere la presenza anche di prede semi trasparenti.
Box di approfondimento:
Cos’è la luce polarizzata?
La luce solare è un’onda elettromagnetica visibile dall’occhio umano e dalle forme viventi che hanno evoluto un occhio. Nella sua accezione più vasta un’onda è una perturbazione che attraversa lo spazio e può trasportare energia, ma anche una quantità di moto (la grandezza fisica: massa per velocità), perturbazione si intende la variazione di una qualunque grandezza fisica come la pressione, la temperatura, la posizione , ma anche grandezze come l’intensità di campo elettrico o magnetico. Come può viaggiare questa perturbazione? Sia longitudinalmente come succede nell’elastomero allungato che si accorcia, sia trasversalmente come nella “ola” del pubblico allo stadio. Nel primo caso la perturbazione avanza nella direzione della perturbazione , mentre in quella trasversale la perturbazione è perpendicolare alla direzione di avanzamento dell’onda.
L’onda elettromagnetica è un’onda trasversale, una perturbazione di natura sia elettrica sia magnetica che si propaga nello spazio, una vibrazione simultanea di due enti immateriali: il campo elettrico e quello magnetico.
Come si vede dalla rappresentazione riportata sopra di questa perturbazione il campo elettrico e quello magnetico oscillano in piani fra loro perpendicolari.
Nella categoria di queste onde che vanno dai raggi x ai raggi ultravioletti e allo onde radio, in funzione della loro lunghezza d’onda, si collocano anche le onde luminose. .
Cos’è la polarizzazione? La polarizzazione è una caratteristica di alcune onde luminose.
La luce non è polarizzata quando la vibrazione del campo elettromagnetico può avvenire in una delle infinite e possibili direzioni che giacciono in un piano perpendicolare alla direzione di propagazione del raggio luminoso, in una totale casualità. Così si comporta la luce solare diretta.
Il raggio luminoso la cui onda è costretta a vibrare solo in una ben definita direzione interponendo ad esempio una sottile pellicola di materiale che ha la proprietà di assorbire tutta la radiazione il cui è composto (direzione permissiva) è invece polarizzato. Il fenomeno della polarizzazione è molto comune in natura, dove la luce naturale può variare da una forma completamente non polarizzata, come quella della luce solare diretta, ad una forma altamente polarizzata come quella generata dal riflesso sulla neve o sull’acqua. L’occhio umano non è in grado di distinguere la luce polarizzata; per poterlo fare, ha bisogno di “protesi” particolari, che bloccano alcuni tipi di onde luminose e ne lasciano passare altri, come i filtri polarizzatori, molto usati dai fotografi per ridare trasparenza ad uno specchio d’acqua illuminato dal sole. Anche il vetro del display di un cellulare è un filtro di questo tipo: senza di esso non si vedrebbero i caratteri sottostanti.
In natura si ottiene un raggio di luce polarizzata facendo riflettere un raggio di luce incoerente su una superficie piana su diversi materiali (acqua, vetro, neve, plexiglas) non sui metalli, con una inclinazione per il vetro di circa 56 °(angolo di Brewster, differente di poco da sostanza a sostanza). Dopo la riflessione il raggio luminoso è interamente polarizzato in una direzione parallela alla superficie riflettente.
Ora immaginate di posizionarvi vicino ad un pesce dalla livrea argentea quando vi troverete nella direzione di intercettare col vostro occhio un raggio luminoso che si riflette sulle squame del pesce con l’inclinazione dell’angolo di Brewster coglierete un bagliore, un riflesso senza forma ne dimensione, quel lampo è un raggio di luce polarizzata. Se la vostra maschera avesse sulle lenti dei filtri polaroid vedreste distintamente il pesce, invece di cogliere solo un bagliore. Di questo noi pescatori ne abbiamo fatto un arte: localizzare il pesce attraverso la “specchiata” delle sue squame, che avviene appunto solo per quella determinata inclinazione di riflessione dei raggi luminosi. Nei movimenti alimentari il pesce varia la sua posizione e non distinguiamo il suo corpo finché riflette le lunghezze d’onda dei colori circostanti, non con l’angolo di Brewster, attivando un mimetismo criptico formidabile, ma con una certa inclinazione dei raggi luminosi percepiamo un lampo senza forma che potrebbe “accecare” altri animali. Con questo non voglio sostenere che l’uomo veda la luce polarizzata, tutt’altro, ne siamo abbagliati.
In conclusione perché la livrea a strisce di alcuni pesci?
La maggior parte dei pesci non percepisce la luce solare diretta, ma quella riflessa, rifranta, diffusa dentro il mezzo acquatico. Probabilmente, la maggior parte delle specie coglie un lampo, un bagliore di luce polarizzata come avviene per l’occhio umano che il cervello animale potrebbe attribuire ad uno dei tanti riflessi dell’ambiente acquatico. Voglio far notare come la superficie del mare vista dal fondo (l’interfaccia tra il mezzo liquido e quello aereo) è come uno specchio e se l’osservatore si pone nell’angolo di Brewster di uno di questi riflessi coglie i balenii di luce polarizzata. Come operatore subacqueo sono abituato a questi riflessi che a loro volta si riflettono dal fondo più opachi, e visti dalla superficie e danno un senso molto caratteristico del moto ondoso (riflessi che avrei annullato se avessi usato sull’obiettivo della videocamera dei filtri polarizzatori) .
Le strisce scure generano una discontinuità nella riflessione dei raggi luminosi da parte della livrea di alcuni pesci, si riduce l’effetto della polarizzazione lineare delle parti riflettenti disorientando predatori o prede. C’è una forte probabilità che il predatore primordiale dell’orata che ho fotografato all’inizio dell’articolo, al posto del pesce veda un’anomalia luminosa nel fondo, certo l’evoluzione della sua specie non lo avrà dotato di una buona vista, come è accaduto invece col gamberetto della Nuova Caledonia. Si può notare nella foto che l’orata ha accentuato anche un altro sistema di bande di spessore molto più fine e fitte a disposizione orizzontale che normalmente non si distinguono, il mantello dell’orata infatti è uniformemente argenteo a parte quelle vistose macchie colorate sulla testa e sull’opercolo. (ma quest’ultimo è un altro argomento)
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