lunedì 14 dicembre 2015

la lezione di ieri sera per un veloce ripasso...

Taravana[modifica | modifica wikitesto]

Il termine "Taravana" deriva dall'idioma polinesiano che letteralmente significa "pazzia"; con tale parola i polinesiani sono usi indicare quei pescatori di perle che presentano dei quadri neurologici particolari e caratterizzati da disturbi della parola, della deambulazione, da disturbi convulsivi sino al coma e alla morte. Nell'arco degli ultimi 10 anni l'equipe scientifica del Prof. Massimo Malpieri, in collaborazione con la Omersub e la FIPSAS, ha effettuato un'approfondita attività di ricerca scientifica su tale patologia raggiungendo importanti risultati sia in termini clinici che terapeutici. La casistica clinica del Prof. Massimo Malpieri è vasta avendo trattato atleti di fama internazionale, sia italiani che stranieri, come dimostrato dai risultati clinici conseguenti al trattamento dei numerosi casi. Il quadro clinico, caratterizzato da sintomi neurologici anche gravi, è praticamente sovrapponibile alle manifestazioni conseguenti a Patologia da decompressione (PDD) o addirittura ad Embolia Gassosa Arteriosa (EGA) e risponde positivamente alla terapia iperbarica, nei casi trattati. La metodica di immersione è abbastanza tipica e comune a molti: una serie di atti respiratori lenti e prolungati in superficie, di durata variabile tra i due ed i 4 minuti, quindi una discesa rapida, a volte utilizzando uno scooter subacqueo, aspetto sul fondo con tempi compresi tra i 50 secondi ed 1,30 minuti, quindi risalita più o meno veloce verso la superficie, alternativa allo scooter è la pesca a “paperino”. È ormai un dato di fatto che molti di questi apneisti dopo un certo numero di ore (circa 5 di solito) possono presentare dei quadri patologici molto gravi con sintomatologia praticamente sovrapponibile alla Patologia da Decompressione: emiparesi, paresi, disturbi della visione, dislalia sino all’afasia, danni neurologici permanenti anche molto gravi, tanto da rendere definitivamente invalido il malcapitato di turno ed in alcuni casi di provocarne addirittura la morte. Il quadro clinico definito “Taravana” era già conosciuto nel lontano 1947, epoca in cui si hanno le prime documentazioni su disturbi neurologici, a volte anche mortali, che colpivano i pescatori di perle Polinesiani delle isole Tuamotu, che effettuavano da 40 a 60 immersioni al giorno ad una profondità variabile tra i 30 ed i 42 metri. Questi effettuavano la discesa con un peso tra i piedi, e risalivano arrampicandosi su di una fune a cui, da un lato, era ancorato il cesto per la raccolta delle perle che veniva recuperato a forza di braccia dal barcaiolo in superficie. La discesa era di durata variabile tra i 30 e i 60 secondi, con un tempo totale d’immersione intorno ai 100 sec. (1.40 minuti), ed intervallo di superficie, tra una immersione e l’altra, di 4-6 minuti. Molti di questi pescatori di perle hanno presentato un grave quadro clinico che nella loro lingua è chiamato appunto Taravana, caratterizzato da disturbi comportamentali associati con uno scadimento delle condizioni generali. I sintomi del Taravana sono sovrapponibili a quelli della Malattia da Decompressione. Infatti immediatamente dopo l’emersione, i sub possono sviluppare un quadro caratterizzato da emiparesi sino alla paralisi, disturbi della visione, perdita dell’udito, vertigini, ed in alcuni casi morte. La maggior parte dei sub sopravvissuti hanno presentato poi danni permanenti sia a livello cerebrale che del midollo spinale. Sebbene il Taravana è certamente una forma di PDD, vi è nella classe medica del settore ancora un estremo scetticismo ingiustificato che portato ad ipotizzare altre cause come l’ipossia. In realtà dagli studi condotti negli ultimi dieci anni dall’equipe scientifica coordinata dal Professor Massimo Malpieri e dall’elevato numero di pazienti trattati si può certamente affermare che i quadri neurologici sono attribuibili alla formazione e liberazione di bolle gassose di N2, accumulatosi nel corso delle ripetute apnee senza adeguati tempi di recupero in superficie e liberato poi tumultuosamente nel corso di risalite veloci verso la superficie. È inoltre evidente come anche con l’immersione in apnea si possa andare incontro a fenomeni di Barotrauma Polmonare con possibilità di comparsa di Embolia Gassosa Cerebrale, quale conseguenza delle condizioni emodinamiche polmonari (Blood-Shift) e della legge di Boyle. Ma analizziamo con maggior dettaglio cosa succede durante un'attività di pesca in apnea protratta per più ore con intervalli di superficie tra un'apnea e l’altra. Innanzitutto è necessario ricordare come nel nostro organismo ci sia una continua formazione di micronuclei gassosi o micro bolle, anche in condizioni “non subacquee”; queste micro bolle hanno una durata di vita estremamente breve, alcuni millisecondi, se le condizioni dell’ambiente in cui si generano non siano favorevoli a renderle “stabili” e quindi non distruttibili. I micronuclei gassosi si formano a livello delle articolazioni per l’attrito meccanico tra le superfici articolari, nascono dai movimenti muscolari e nei vasi sanguigni si formano in seguito ad aumenti e rallentamenti della velocità del sangue (ad esempio durante il passaggio nelle valvole cardiache). Una micro-bolla per diventare “lesiva” deve trovare particolari condizioni nell’ambiente in cui si origina, ad esempio una tensione parziale di Azoto elevata nei tessuti e nel sangue può consentire l’ingresso di questo gas all’interno della bolla e stabilizzarla ostacolando la sua distruzione; nella fase di risalita poi la bolla tenderà ad aumentare sempre più il suo volume (legge di Boyle) andando ad ostruire un vaso sanguigno (in genere nell’emisfero cerebrale sinistro) e dando luogo alla comparsa di sintomi neurologici anche gravi, responsabili del Taravana. Vi sono altre situazioni che concorrono a far sì che le microbolle diventino lesive; prima di tutto la metodica di pesca con apnee lunghe ed intervalli di superficie più corti o pari ai tempi di apnea. Tale comportamento provoca un accumulo di Azoto nei tessuti ed un lentissimo rilascio, cosicché ad ogni tuffo il sub accumula gas inerte sino a quando, dopo un certo numero di ore (dalle 4 alle 6 in genere) la pressione parziale dell’inerte sarà talmente elevata da configurare una situazione di sovrasaturazione critica del tutto simile a quella che si verifica con una immersione con le bombole fuori curva di sicurezza; sarà a questo punto che le microbolle inizieranno a saturarsi di Azoto diventando potenzialmente lesive. Altro fattore da non trascurare è la velocità di risalita, sempre elevata, che provoca un rapido aumento delle dimensioni dei micronuclei rendendo più difficile la loro eliminazione attraverso il filtro polmonare a causa e del ridotto territorio di scambio alveolare (è opportuno ricordare che il Blood Shift permane anche dopo la fine dell’immersione) e delle dimensioni eccessive delle micro bolle. Vi è anche un’altra causa che entra in gioco nello sviluppo del Taravana: il barotrauma Polmonare che spesso si rende responsabile della comparsa di una Embolia gassosa Cerebrale. La dinamica dell’evento è estremamente semplice ed è, tra l’altro, molto frequente negli apneisti puri: in pratica durante la risalita, che può raggiungere anche la velocità di 150 metri/minuto, il blood shift non ha il tempo di tornare alle condizioni iniziali sia perché la portata cardiaca (output cardiaco) non può variare oltre un certo limite sia perché la rapidissima risalita non lascia il tempo al sistema cardio-respiratorio di tornare alle condizioni iniziali; per cui si crea una pseudo-ipertensione polmonare da sbarramento per ristagno di sangue, contemporaneamente l'aria che in discesa è stata compressa non trova lo spazio per riespandersi a meno che non esca passivamente all'esterno attraverso la glottide (se aperta); in caso di glottide chiusa la riespansione dei gas produrrà inizialmente rottura dei setti alveolari e delle pareti con danni locali (barotrauma) e, nelle forme più importanti, seguiranno danni generali (Embolia gassosa arteriosa), per entrata di bolle gassose nella circolazione arteriosa cerebrale. In dettaglio durante la discesa l’aria di riserva contenuta negli alveoli viene compressa per effetto della legge di Boyle consentendo quindi ai vasi polmonari di ricevere un maggior quantitativo di sangue mediante un aumento del calibro vasale; il contemporaneo aumento della pressione arteriosa unitamente al rallentamento della frequenza cardiaca, per effetto del Diving Reflex, provocano uno “sbarramento” al ritorno del sangue verso l’atrio sinistro che porterà ad un ulteriore incremento dei diametri vasali (ipertensione a “barrage”). Nel corso della risalita, che avviene sempre a velocità molto elevata (sino a 150 metri/minuto), l’aria alveolare compressa per effetto della pressione inizia a espandersi di nuovo senza però avere la possibilità di entrare nel circolo a causa dell’elevata pressione di sbarramento che vige nei capillari alveolari e per la diminuita superficie di scambio alveolo-capillare; questi volumi gassosi tenderanno allora a dirigersi verso le prime vie aeree per fuoriuscire all’esterno, unica valvola di sovrapressione disponibile; se in questa fase l’apneista mantiene la glottide aperta (senza espirare) l’aria in eccesso fuoriesce spontaneamente all’esterno, al contrario se la glottide rimane chiusa si ha inevitabilmente rottura delle pareti alveolari con possibilità,, di embolizzazione arteriosa cerebrale; poiché i polmoni non sono molto elastici (meno del 10%) l’aumento di volume dei gas respiratori provocherà quasi costantemente la rotture delle pareti alveolari con possibile immissione di bolle gassose nel circolo arterioso, bolle che si andranno a localizzare principalmente nel cuore e nei tessuti cerebrali dando luogo ad Embolia Gassosa Traumatica (EGT).

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