domenica 23 gennaio 2011

L'ultima dis - Avventura di Albino in Marocco...

DAKHLA E LA LEGGE DI MURPHY

« Senor, a que hora tienes el avion? » mi dice Azman –il barcaiolo del momento- mostrandomi nel palmo della mano sinistra un mucchietto di ruggine e ferro sbriciolato ed indicando con l’altra mano il vano batteria del gommone. Uno dei morsetti è stato disintegrato dalla salsedine!

Siamo nel bel mezzo della laguna, ho appena portato in barca un bel carangide, sono le 13:00, è l’ultimo giorno della vacanza, l’aereo parte alle 20:30, la spiaggetta dell’hotel dista una quindicina di miglia.
A bordo non un giravite, un pezzo di fil di ferro, nastro adesivo, niente.
L’unico arnese disponibile è una pinza multifunzione che scovo nella mia sacca. Buona per tenere il cavo solidale sul polo della batteria.
Considerato l’andazzo dei giorni trascorsi che ci hanno visto soccombere impotenti alla Legge di Murphy, decido quindi a malincuore di abortire l’unica pescata in un viaggio avventura che ha dell’incredibile:
• aereo perso alla partenza da Roma;
• attese interminabili negli aeroporti;
• sosta forzata di 2 notti in transito a Casablanca;
• sacca fucili prima confiscata dalle autorità doganali marocchine, poi smarrita in transito;
• la piccola Benedetta con febbrone subito dopo l’arrivo a Dakhla.

E per non farci mancare niente: a riva acqua fresca e limpida, ma a largo acqua fredda e torbida. Anzi no, torbidissima!
E ancora vento, vento, tanto vento…

Prima della partenza avevo contattato Mohammed Ali (che col senno di poi un nome del genere gli andrebbe tolto d’ufficio), che a dire del direttore dell’hotel è l’ESPERTO di pesca.
“Acqua sempre chiara qui da noi, e mare calmo…”, mi diceva al telefono.
Bene, allora giochiamo pesante: fucile lungo.

Nei preparativi per il viaggio contatto Sebastien, un francese istruttore di Kite-surf, apparentemente l’unico pescasub della zona.
E’ tutto un altro film:“l’acqua qui è torbida, ma se il vento cala, si schiarisce abbastanza da prendere belle bestie…”.
Pazienza: un lungo ed un corto.

Finalmente siamo a Dakhla, sbattutelli, ma felici.
Finalmente arriva anche la sacca con i fucili.
Finalmente Benedetta inizia a migliorare.
Finalmente Arianna si rilassa.
Finalmente esco in gommone.

La zona di pesca dunque è una enorme laguna profonda circa 40 chilometri e larga una decina.
Il braccio di terra che separa la laguna dall’oceano ci mette al riparo dalla potente onda oceanica.
Azman, pescatore professionista che conosce la laguna palmo a palmo, parla un ottimo spagnolo e non è difficile fargli capire cosa cerco: secche, rimonte, roccia…pesci belli grossi.
Decidiamo di tentare subito sul punto migliore della laguna.
Arrivati sul posto guardo sotto bordo e non ho parole: caffelatte!
Azman tiene l’ancora fuori bordo e la parte immersa s-p-a-r-i-s-c-e alla vista.
Dice che “sotto di noi ci sono 5-6 metri di fondo”,
che “certe volte l’acqua qui è chiara”,
che “con il vento proveniente da lì l’acqua si intorbidisce”,
che “magari possiamo provare da altre parti, ma sempre acqua torbida…”
Aveva ragione il francese.

Che facciamo, che non facciamo. Basta, mi vesto.
Oleopneumatico da 85 (che era il fucile corto) e mi tuffo col fucile in avanti.
Scendendo avverto lo scricchiolio tipico dei fondali rocciosi, l’asta batte sul fondo. Capolinea.
Ci saranno 5 metri di fondo, non dico buio, ma quasi. Non è piacevole.
Schizzo su a prendere aria e ci riprovo.
Dopo qualche discesa mi abituo all’ambiente.
Tutto intorno SENTO frustate continue. Allora non sono solo!
Per vedere la punta del fucile, il calcio lo tengo quasi in cintura.
Branchi di pesciolini mi guizzano davanti la maschera, spaventati da chissà cosa.
Ogni tanto qualche ombra si materializza in un tenue controluce.
Sparo due volte, col pollice! Porto in barca due snapper da un paio di chili, fulminati a mezzo metro dalla maschera.
Passa lenta, sopra un’ombra grande. Allungo il braccio, allineo nella ipotetica direzione di nuoto del pesce e sparo. L’asta scende sul fondo. Doveva essere veramente un bel pesce.
Che pesce? Boh!
Comunque questo non è pescare. Si torna a casa, in albergo. A cena ci gustiamo il pescato.

Sconsolato per l’accaduto, la pesca viene momentaneamente messa da parte e ci dedichiamo alla scoperta dei dintorni, che offrono panorami mozzafiato.

Nel frattempo chiarisco il fenomeno dell’acqua torbida, dovuto certamente in parte alla intensità e direzione del vento, ma anche al fenomeno della marea, che in quei giorni era ovviamente di massima ampiezza (Murphy…).

Di uscire dalla laguna ed andare a pescare in oceano poi non se ne parla proprio.
Servono permessi speciali: burocrazia, militari, per carità!

Decidiamo quindi di anticipare il rientro in Italia di un paio di giorni.

Intanto il vento cala.
Domani si parte, ma resta il tempo per fare un secondo tentativo
Azman è pronto ad accompagnarmi di nuovo. Appuntamento per le 8 del mattino seguente.
Ci accompagnerà Gegè –il simpatico francese che lavora come guida per i turisti dell’hotel- appassionato di surf-casting.
Sono le 8:00. Io, Azman e Gegè tutti puntuali sulla spiaggetta. Peccato che il gommone è in secco e quindi si attende l’arrivo della marea. Inganniamo il tempo pianificando la battuta.
Azman propone di andare sottocosta a cercare aragoste nel bassofondo. Gli faccio notare che ho portato con me solo il fucile lungo. Si và sui sommi. Il vento degli ultimi due giorni è sceso. Se il francese aveva veramente ragione, forse oggi qualche pesce grosso lo vediamo.
In navigazione incontriamo un “pescatore di frodo”.
Arriviamo sul punto. Zero vento. Vediamo scendere l’ancora nei primi metri.
Sul fondo 3-4 metri di visibilità, dove solo qualche giorno prima era quasi buio.
Si capisce meglio la conformazione del fondo: massoni e lastroni accatastati col sommo a 4 metri, un primo gradino a 7-8 metri, poi un altro salto che termina a 10-12 metri sul fango.
In acqua sardine dappertutto.
Ogni discesa è una sorpresa.
Saraghi, snapper, marmore, cefali, piccoli carangidi, pesci mai visti che fanno carosello.
Ogni tuffo un pesce. Sparo a mitraglia, quasi a vendicarmi per tutte le avversità subite.

Poi un branco di corpulente ombrine che arrivano sempre sopra la mia spalla sinistra mi rammentano che posso sicuramente alzare l’asticella.
Una massiccia cernia che scoda e sparisce nel verde, e poi di continuo scodate e frustate.
I pesci grossi ci sono.
Un occhio piantato su un testone si materializza dal torbido, finalmente.
Bersaglio facile.
Preso bene.
Parte a razzo e perdo il contatto visivo. Tira che è una goduria.
Qualche minuto di combattimento e il pesce è domato.

Eh si, oggi faccio un macello!!!
Raggiungo il gommone e….

1 commento:

  1. È si,questo ê il marocco ,bellissimo ma difficile,io dopo averlo visto in tutti i suoi lati ,ancora non so cosa portare per la pesca
    Mia moglie è di Rabat dovrei andare il 14/8 e credo che come al solito fucili corti ,5mmm che sarà poco ma per i bagagli va benone
    I problemi sono i soliti ,onde e vento e per questo conviene impostare sempre varie scelte (pesca sub ,kite surf,,pesca dalle scogliere)
    E passeggiate varie
    Conviene trovare un locale per conoscere i posti migliori ma non è facile

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